LO STILE SALESIANO

San Giovanni Bosco fu un educatore eccezionale. La sua acuta intelligenza, il suo senso comune e la sua profonda spiritualità lo guidarono a creare un sistema di educazione che sviluppa tutta la persona – corpo, cuore, mente e spirito. Esso favorisce la crescita e la libertà, mentre mette il ragazzo proprio al centro di tutta l’opera educativa.
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Per distinguere il suo metodo dal sistema repressivo di educazione, prevalente nel 19° secolo in Italia, egli ha chiamato il proprio metodo sistema preventivo – perché esso cerca il modo di prevenire la necessità della punizione, collocando il ragazzo in un ambiente in cui egli è incoraggiato a dare il meglio di sé. Questo è un approccio congeniale, amichevole, integrale all’educazione.

Esso crea un clima che ‘trae fuori’ (educere) il meglio dal ragazzo, che incoraggia la sua completa e piena espressione di sé, che aiuta il ragazzo ad acquisire atteggiamenti che lo guidino a scegliere ciò che è buono, sano, gioioso e fa crescere la vita.
IL SISTEMA PREVENTIVO
"Don Bosco realizza la sua personale santità mediante l'impegno educativo" (Giovanni Paolo II, Lettera Juvenum Patris, 5)

Da questa esperienza scaturisce la sua prassi pastorale e il suo stile pedagogico. Vita spirituale, impegno apostolico, metodo educativo sono tre aspetti di un'unica realtà: l'amore, la carità pastorale che unifica e muove tutta l'esistenza: essere nella Chiesa segni e portatori dell'amore di Dio ai giovani.

"Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l'amorevolezza" (Don Bosco)
Il Sistema preventivo come pedagogia
Il Sistema Preventivo è anche una metodologia pedagogica caratterizzata da:
· la volontà di stare tra i giovani condividendo la loro vita, guardando con simpatia il loro mondo, attenti alle loro vere esigenze e valori;
· l’accoglienza incondizionata che si fa forza promozionale e capacità instancabile di dialogo;
· il criterio preventivo che crede nella forza del bene presente in ogni giovane, anche il più bisognoso, e cerca di svilupparla mediante esperienze positive di bene;
· la centralità della ragione, fatta ragionevolezza delle richieste e delle norme, flessibilità e persuasione nelle proposte; della religione, intesa come sviluppo del senso di Dio insito in ogni persona e sforzo di evangelizzazione cristiana; della amorevolezza, che si esprime come un amore educativo che fa crescere e crea corrispondenza;
· un ambiente positivo intessuto di relazioni personali, vivificato dalla presenza amorosa e solidale, animatrice e attivante degli educatori e del protagonismo degli stessi giovani;
· con uno stile di animazione, che crede nelle risorse positive del giovane.
Il Sistema preventivo come pastorale
Questa proposta originale di evangelizzazione giovanile parte dall’incontro con i giovani là dove si trovano, valorizzando il patrimonio naturale e soprannaturale che ogni giovane ha in sé, in un ambiente educativo carico di vita e ricco di proposte; si attua attraverso un cammino educativo che privilegia gli ultimi e i più poveri; promuove lo sviluppo delle risorse positive che hanno, e propone una forma particolare di vita cristiana e di santità giovanile.

Questo progetto originale di vita cristiana si organizza attorno ad alcune esperienze di fede, scelte di valori e atteggiamenti evangelici che costituiscono la Spiritualità Giovanile Salesiana (SGS).

Il Sistema preventivo come spiritualità
Il Sistema Preventivo trova la sua sorgente e il suo centro nella esperienza della carità di Dio che previene ogni creatura con la sua Provvidenza, l’accompagna con la sua presenza e la salva donando la vita.

Questa esperienza dispone l'educatore ad accogliere Dio nei giovani, convinto che in loro Dio gli offre la grazia dell’incontro con Lui, e lo chiama a servirlo in loro, riconoscendone la dignità, rinnovando la fiducia nelle loro risorse di bene ed educandoli alla pienezza della vita.

Questa carità pastorale crea un rapporto educativo sulla misura dell’adolescente e dell’adolescente povero, frutto della convinzione che ogni vita, anche la più povera, complessa e precaria, porta in sé, per la presenza misteriosa dello Spirito, la forza del riscatto e il seme della felicità.

LA RAGIONE
Il termine "ragione" sottolinea, secondo l'autentica visione dell'umanesimo cristiano, il valore della persona, della coscienza, della natura umana, della cultura, del mondo del lavoro, del vivere sociale, ossia di quel vasto quadro di valori che è come il necessario corredo dell'uomo nella sua vita familiare, civile e politica. Nell'enciclica Redemptor Hominis ho ricordato che "Gesù Cristo è la via principale della Chiesa; questa via conduce da Cristo all'uomo".

È significativo rilevare che già più di cento anni fa Don Bosco attribuiva molta importanza agli aspetti umani e alla condizione storica del soggetto: alla sua libertà, alla sua preparazione alla vita e ad una professione, all'assunzione delle responsabilità civili, in un clima di gioia e di generoso impegno verso il prossimo. Egli esprimeva questi obiettivi con parole incisive e semplici, quali "allegria", "studio", "pietà", "saggezza", "lavoro", "umanità". Il suo ideale educativo è caratterizzato da moderazione e realismo. Nella sua proposta pedagogica c'è una unione ben riuscita tra la permanenza dell'essenziale e la contingenza dello storico, tra il tradizionale e il nuovo. Il Santo presenta ai giovani un programma semplice e allo stesso tempo impegnativo, sintetizzato in una formula felice e suggestiva: onesto cittadino, perché buon cristiano.

In sintesi la ragione, a cui Don Bosco crede come dono di Dio e come compito inderogabile dell'educatore, indica i valori del bene, nonché gli obiettivi da perseguire, i mezzi e i modi da usare. La ragione invita i giovani ad un rapporto di partecipazione ai valori compresi e condivisi. Egli la definisce anche ragionevolezza per quel necessario spazio di comprensione, di dialogo e di pazienza inalterabile in cui trova attuazione il non facile esercizio della razionalità.

Tutto questo, certo, suppone oggi la visione di un'antropologia aggiornata e integrale, libera da riduzionismi ideologici. L'educatore moderno deve saper leggere attentamente i segni dei tempi per individuarne i valori emergenti che attraggono i giovani: la pace, la libertà, la giustizia, la comunione e la partecipazione, la promozione della donna, la solidarietà, lo sviluppo, le urgenze ecologiche.

(Giovanni Paolo II, Lettera Juvenum Patris, 10)
LA RELIGIONE
Il secondo termine, "religione", indica che la pedagogia di Don Bosco è costitutivamente trascendente, in quanto l'obiettivo educativo ultimo che egli si propone è la formazione del credente. Per lui l'uomo formato e maturo è il cittadino che ha fede, che mette al centro della sua vita l'ideale dell'uomo nuovo proclamato da Gesù Cristo e che è coraggioso testimone delle proprie convinzione religiose.

Non si tratta - come si vede - di una religione speculativa e astratta, ma di una fede viva, radicata nella realtà, fatta di presenza e di comunione, di ascolto e di docilità alla grazia. Come egli amava dire, "colonne dell'edificio educativo" sono l'Eucaristia, la Penitenza, la devozione alla Madonna, l'amore alla Chiesa e ai suoi pastori. La sua educazione è un "itinerario" di preghiera, di liturgia, di vita sacramentale, di direzione spirituale: per alcuni, risposta alla vocazione di speciale consacrazione (quanti   Sacerdoti  e  Religiosi   si  formano nelle case del Santo!); per tutti, la prospettiva e il conseguimento della santità.

Don Bosco è il prete zelante che riferisce sempre al fondamento rivelato tutto ciò che riceve, vive e dona. Questo aspetto della trascendenza religiosa, caposaldo del metodo pedagogico di Don Bosco, non solo è applicabile a tutte le culture, ma è adattabile con frutto anche alle religioni non cristiane.

(Giovanni Paolo II, Lettera Juvenum Patris, 11)
L'AMOREVOLEZZA
Infine, dal punto di vista metodologico, l'"amorevolezza". Si tratta di un atteggiamento quotidiano, che non è semplice amore umano né sola carità soprannaturale. Esso esprime una realtà complessa ed implica disponibilità, sani criteri e comportamenti adeguati. L'amorevolezza si traduce nell'impegno dell'educatore quale persona totalmente dedita al bene degli educandi, presente in mezzo a loro, pronta ad affrontare sacrifici e fatiche nell'adempiere la sua missione. Tutto ciò richiede una vera disponibilità per i giovani, simpatia profonda e capacità di dialogo. È tipica e quanto mai illuminante l'espressione: "Qui con voi mi trovo bene: è proprio la mia vita stare con voi". Con felice intuizione esplicita: quello che importa è che "i giovani non siano solo amati, ma che essi conoscano di essere amati".

Il vero educatore, dunque, partecipa alla vita dei giovani, si interessa ai loro problemi, cerca di rendersi conto di come essi vedono le cose, prende parte alle loro attività sportive e culturali, alle loro conversazioni; come amico maturo e responsabile, prospetta itinerari e mete di bene, è pronto a intervenire per chiarire problemi, per indicare criteri, per correggere con prudenza e amorevole fermezza valutazioni e comportamenti biasimevoli. In questo clima di "presenza pedagogica" l'educatore non è considerato un "superiore", ma un "padre, fratello e amico".

In tale prospettiva vengono privilegiate anzitutto le relazioni personali. Don Bosco ama usare il termine "familiarità" per definire il rapporto corretto tra educatori e giovani. La lunga esperienza lo ha convinto che senza familiarità non si può dimostrare l'amore, e senza tale dimostrazione non può nascere quella confidenza, che è condizione indispensabile per la riuscita dell'azione educativa. Il quadro delle finalità da raggiungere, il programma, gli orientamenti metodologici acquistano concretezza ed efficacia, se improntati a schietto , cioè se vissuti in ambienti sereni, gioiosi, stimolanti.

A questo proposito va almeno ricordato l'ampio spazio e dignità dati dal Santo al momento ricreativo, allo sport, alla musica, al teatro o - come egli amava dire - al cortile. E lì, nella spontaneità ed allegria dei rapporti, che l'educatore sagace coglie modi di intervento, tanto lievi nelle espressioni, quanto efficaci per la continuità e il clima di amicizia in cui si realizzano. L'incontro, per essere educativo, richiede un continuo ed approfondito interesse che porti a conoscere i singoli personalmente ed insieme le componenti di quella condizione culturale che è loro comune.

Si tratta di un'attenzione intelligente e amorosa alle aspirazioni, ai giudizi di valore, ai condizionamenti, alle situazioni di vita, ai modelli ambientali, alle tensioni, rivendicazioni, proposte collettive. Si tratta di percepire l'urgenza della formazione della coscienza, del senso familiare, sociale e politico, della maturazione nell'amore e nella visione cristiana della sessualità, della capacità critica e della giusta duttilità nell'evolversi dell'età e della mentalità, avendo sempre ben chiaro che la giovinezza non è solo un momento di transito, ma un tempo reale di grazia per la costruzione della personalità.
Anche oggi, pur in un mutato contesto culturale e con giovani di religione anche non cristiana, questa caratteristica costituisce una fra le tante istanze valide e originali della pedagogia di Don Bosco.

(Giovanni Paolo II, Lettera Juvenum Patris, 12)